Le origini
Varie sono le ipotesi relative all’etimologia del nome Mossano, quasi tutte riconducibili ad una probabile origine latina. Vi è chi ritiene una possibile derivazione da “Mons sanum” con riferimento all’amenità del luogo su cui si insediò il primo nucleo abitato; altri propendono per il toponimo “Mons Iani”, ossia Monte di Giano, antica divinità il cui culto potrebbe essere stato praticato su questi colli; ma c’è anche chi indica una derivazione dall’onomastico romano “Mussius”. Infine, non manca chi si rifà ad una radice mediterranea, cioè il termine “Mozza”, indicante le caratteristiche del territorio contraddistinto da strapiombi, scoscese pareti rocciose e covoli.
La presenza dell’uomo a Mossano è segnalata già 200-250 mila anni fa. Gli scoscendimenti dei colli, le ripide pareti rocciose, esposte a sud, gli strapiombi e i covoli (grotte e cavità più o meno naturali), favorirono già nel Paleolitico gli insediamenti umani. Sopra l’abitato di Mossano, le due grotte, maggiore e minore, di San Bernardino oltre a quella detta di Paina, hanno rivelato materiali e reperti di notevole interesse, sia per i depositi di fauna pleistocenica che per le industrie litiche ivi rinvenute.
La Grotta di San Bernardino
La Grotta di S. Bernardino fu frequentata nel Paleolitico inferiore e medio da preneandertaliani, poi da neandertaliani, quindi gruppi di uomini moderni del paleolitico superiore e del mesolitico. L’esplorazione delle grotte di Mossano iniziò verso la fine degli anni ’50 con una serie di scavi condotti sotto la direzione del prof. Piero Leonardi. Più tardi, grazie ai finanziamenti della Provincia di Vicenza, a partire dal 1986 e fino al 1995, i proff. Alberto Broglio e Marco Peresani hanno attutato alcune campagne di scavi che hanno portato a significativi ritrovamenti e all’acquisizione di preziose informazioni storico- scientifiche.
La scoperta più interessante è stata la presenza di diversi focolari con ceneri, risalenti a circa 250 mila anni fa, tra i più antichi sinora ritrovati. È la prova quindi dell’addomesticazione del fuoco da parte dell’uomo neandertaliano che, nella vita quotidiana, cacciava e mangiava animali e si proteggeva dal freddo con le loro pelli. Come altre grotte dei Berici, anche questa fu utilizzata come eremo e, in caso di necessità anche come rifugio.
Durante la guerra di Venezia e la Lega di Cambrai, quando il retroterra veneziano era oggetto di scorrerie delle milizie imperiali, la grotta servì come ricovero per gli abitanti della zona. Vari cronisti del tempo riferiscono che nel 1510 i mercenari a servizio dell’imperatore Massimiliano compirono una strage, soffocando col fumo centinaia di persone che vi si erano rifugiate.
Il sito archeologico è stato riqualificato nel 2006 ed è visitabile in vari momenti dell’anno.
Il Castello
Rimane controversa la questione dell’esistenza di un castello a Mossano. Il Maccà, che è uno storico attendibile, scriveva che agli inizi dell’Ottocento esistevano ancora le vestigia dell’antico maniero, facendo riferimento “al sito è al di sopra il luogo della fontana che gira i suddetti mulini”. Pertanto, a quel tempo la gente del luogo riteneva che la fortificazione costruita nella roccia, denominata “le Prigioni”, rappresentasse proprio l’antico castello di cui fa menzione Giambattista Pagliarino nelle sue “Croniche di Vicenza”. Lo storico scrive: “mossano, da altri chiamato Montesano, castello posto nella sommità del colle, nel 1314 fu abbruciato da Padovani” .
Ma in tempi recenti, si è fatta strada l’ipotesi, più probabile, dell’esistenza di una fortificazione sul colle di Montruglio, già dal Duecento. Oggi si sostiene infatti che la casa domenicale dei Pigafetta (poi trasformata in villa ) sorgeva sui resti di un antico castello, posto proprio alla sommità dell’altura.
Il Comune
Nella Curtis di Barbarano era ricompreso anche il territorio di Mossano, inteso come “regula” cioè come paese, villaggio. Nel secolo XII, la regula di Mossano si diede un’organizzazione di tipo comunale. L’organo più rappresentativo del comune era la Convicinia che nel 1266, il vescovo Bartolomeo da Breganze fa convocare, assieme a quelle di Barbarano e di Villaga, per discutere e fare approvare lo statuto dei Saltari (cioè la regolamentazione dell’utilizzo di guardie armate nei boschi). Il comune, in età veneziana, continuò a governarsi in base a propri statuti; in un primo tempo semplici regole tramandate oralmente, in seguito codificate e preventivamente approvate da un’apposita commissione distrettuale.
Nel secolo scorso, nel 1938 avvenne la fusione di Mossano nel comune di Barbarano. L’unificazione, tuttavia, durò pochi anni. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, il 1 marzo 1948 il comune di Mossano riacquistò la propria autonomia.
Il territorio nel Basso Medioevo
Il territorio tra Mossano e Barbarano si caratterizzava nel Basso Medioevo per una notevole presenza di corsi d’acqua, bacini lacustri, sorgenti e zone boschive. Mentre l’insediamento di Mossano si era sviluppato su un pianoro del sistema collinare berico, la parte bassa, ricompresa tra il promontorio di Montruglio e il colle di San Pancrazio, era occupata da una estesa palude chiamata di Altrano, dal nome del fossato che ancor oggi scorre tra Mossano e Ponte, riversando le sue acque nello scolo Arnalda. Di questa zona paludosa troviamo menzione anche nella Manifestatio del 1268 in cui è detto che spettava al vescovo porre custodi e guardie boschive in tale sito e di vietarvi la pesca; pertanto il vescovo aveva il controllo delle acque. Accanto alla palude, scorrevano altri corsi d’acqua, citati in vari documenti dell’epoca: il “Rielo”, la “Degora” (quest’ultima fatta costruire dal Comune di Mossano nell’anno 1181), il “Cartillano”; poi, nei pressi di Monticello, la Fossa Rosa, mentre lo scolo Siron o Sirone, era originato dalle acque sorgive calde del Bagno di Mossano, posto ai piedi dell’altura di San Pancrazio. Ma l’elemento idrografico più significativo era certamente il Canale Bisatto che già allora attraversava il territorio mossanese, dividendolo quasi a metà. Altro elemento caratterizzante il territorio era la strada denominata “Strata publica” o “Regia” che da Vicenza passava lungo la parte pedemontana dei Berici e, dopo Longare, proseguiva seguendo approssimativamente il corso dell’odierna strada.
Le Famiglie Nobili
Tra il 1400 e il 1500, la famiglia Pigafetta aveva acquistato vasti possedimenti a Montruglio e a Ponte di Mossano. Nel 1600 si rafforza il ruolo di altre tre famiglie nobili che acquiscono un numero sempre maggiore di terre a Mossano (i Porto, i Tassis e gli Arnaldi), mentre si va riducendo la ricchezza fondiaria dei Pigafetta. Nell’Ottocento è la famiglia Salvi a divenire proprietaria di molti beni a Mossano, tra cui la villa di Montruglio e casa Pegoraro.
L'Economia: il ruolo dei mulini
In passato, l’attività molitoria era il perno dell’economia mossanese: accanto alla lavorazione dei cereali nei dodici mulini funzionanti lungo la valle dello Scaranto, c’erano botteghe di carrai e di fabbri che si occupavano dei carri per il trasporto di farine e granaglie e della manutenzione dei mulini. All’oblio della cultura contadina e all’abbandono del patrimonio edilizio rurale, è subentrato in anni recenti un rinnovato interesse che ha portato al recupero delle vecchie strutture e alla molto sentita festa dei mulini che si tiene ogni anno a Mossano nel mulino Dalla Pozza.